Stio è un paese del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano posto a 675 metri sul livello del mare, in una valle fra i monti Tuzzi di Monte Piano e Sanno del Tesoro, a nord del Monte Sacro, presso le sorgenti dell’Alento, alla sinistra del torrente Torno. Anche se l’etimologia non è certa, alcuni storici concondarno sul fatto che il nome Stio derivi dal latino ostium, ovvero ingresso, ad indicare il luogo d’accesso allo Stato di Magliano, uno dei cinque stati della Normanna baronia di Novi. Il borgo di Stio ha origine intorno all’anno mille, ma già in epoca Enotria prima e Lucana poi era abitato da quelle genti, come testimoniano i reperti rinvenuti in località “Chiano Rosario”. Una serie di oggetti ora custoditi dalla Sovrintendeza di Ascea Velia, databili al VI – V secolo a.C., pesi di telaio, vasi, ed altri oggetti di uso domestico, che testimoniano come il sito di Chiano Rosario Casalicchio fosse un insediamento stabile in epoca Lucana (V – IV secolo a.C.). Con la costituzione dello Stato di Magliano in epoca normanna, (nel 1011) il casale di Stio venne aggregato al detto stato insieme ad altri quattro casali: Gorga (gurge), Capizzo (capitium) e Magliano Vetere. Fu “Università” autonoma e si fregiava di un proprio simbolo, consistente in tre martelli su un leone rampante. Seguì le sorti dello Stato di Magliano e della successiva Baronia fino al 1806, quando con l’eversione della feudalità, Stio venne eletta capoluogo di comune, e ad esso, venne aggregata la frazione di Gorga. Dal 1811 al 1860 ha fatto parte del circondario di Gioi, appartenente al Distretto di Vallo del Regno delle Due Sicilie. Dal 1860 al 1927, durante il Regno d’Italia ha fatto parte del mandamento di Gioi, appartenente al Circondario di Vallo della Lucania.
Caratteristico il centro storico che già in epoca normanna era fortificato. A circa 2 km dal centro del paese, attraverso una vegetazione folta e sentieri sterrati, si giunge alla “valle dei Mulini“: qui, lungo un caratteristico fiume, è possibile ammirare i ruderi (alcuni risalenti al 1300) di cinque mulini ad acqua. Correva l’anno 1726 quando venne introdotto il culto per S. Pasquale a cui fu dedicato, nell’antica chiesa di S. Pietro e Paolo, un altare con quadro del santo. Eventi prodigiosi accaduti negli anni seguenti fecero maturare la decisione di adottare S. Pasquale come protettore del paese; si decise di dotare la chiesa di una statua lignea e l’incarico fu affidato allo scultore napoletano Domenico Di Venuta.